(Foto: msn)
Le milizie sciite hanno reagito all’attacco statunitense di sabato (in cui sono rimaste uccise 53 persone e ferite più 100 in Yemen). I nuovi scontri rischiano di aprire un nuovo fronte in Medio Oriente
La risposta degli Houthi all’operazione militare in Yemen lanciata sabato dagli Stati Uniti non ha tardato ad arrivare: le milizie sciite hanno reagito all’attacco statunitense con il lancio di 18 missili balistici sulla portaerei Truman, nel Mar Rosso. E il primo raid dell’amministrazione Trump rischia di aprire un altro fronte in Medio Oriente.
L’attacco di sabato, condotto con bombardamenti aerei e missili lanciati da navi da guerra, era stato annunciato dalla Casa Bianca con un post del presidente Usa su Truth, il social network di sua proprietà. “Faremo uso di una forza letale schiacciante – ha scritto il tycoon sulla piattaforma – finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo”. Il che significa che fino a quando gli Houthi non cesseranno gli attacchi alle navi commerciali in transito fra l’oceano Indiano e il Mar Rosso, al largo delle coste dello Yemen, gli USA continueranno con le azioni di combattimento.
“Gli Houthi – ha proseguito il numero uno della Casa Bianca – bloccano vaste fasce del commercio globale e attaccano il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali”.
Il raid statunitense dei giorni scorsi ha ucciso 53 persone e ne ha ferite più di 100 anche nella capitale yemenita, Saana. Attacco che, peraltro, è stato seguito “personalmente” dal presidente Trump, immortalato in t-shirt bianca e cappellino MAGA (Make America Great Again) mentre guardava da uno schermo le operazioni militari.
Nel messaggio pubblicato su Truth, Trump ha poi minacciato direttamente l’Iran (che dal 2014 finanzia le milizie sciite degli Houthi nella guerra civile contro il governo yemenita), intimando di interrompere gli aiuti al gruppo che ha definito “terroristico”.
Sullo sfondo della crisi ci sono, quindi, le relazioni tra Washington e Teheran con la prima che è tornata a minacciare dure conseguenze per il regime se non si farà da parte. Intanto i Pasdaran, le guardie rivoluzionarie iraniane che compongono la forza militare più potente del Paese, già sabato si sono detti pronti a “rispondere ad ogni attacco”.