“Mi hanno chiamato stregone
ma sto salvando io i miei ulivi”

di Andrea Ungaro

[di Andrea Ungaro e Daniela Primiceri]

“Hanno detto che mi avrebbero mandato l’Esercito contro”.
Donato Minosi ha una macelleria ad Uggiano La Chiesa dal 1979, ma come egli stesso rivendica con orgoglio, “nasce contadino”. Con proprietà terriere nei comuni leccesi di Cannole, Otranto e Giurdignano, oggi Minosi possiede quasi 1000 piante. Come già accaduto però in gran parte dei territori salentini, la xylella ha attaccato anche gli alberi di proprietà dell’agricoltore leccese. “Sono stato invitato a espiantare gli ulivi infetti e a tagliare le piante colpite dalla malattia, ma non me la sono sentita” ha detto Minosi. “Perciò mi sono rivolto al dottor Marco Scortichini, che mi ha aiutato a portare avanti una cura biologica senza l’uso di veleni o pesticidi”.

Marco Scortichini, batteriologo vegetale del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria), è fautore dell’omonimo protocollo che porta il suo nome. La strategia, una forma di fertilizzazione fogliare, consiste in una somministrazione mensile tramite nebulizzazione della chioma. Talvolta, anche con semplici lupini macinati. “Le piante si sono subito riprese. Ma ovviamente questo non è andato giù a chi aveva ordinato l’espianto” ha aggiunto Minosi. “C’è stata una vera e propria guerra nei miei confronti. Mi hanno detto che mi avrebbero inviato addirittura l’Esercito se non avessi espiantato gli alberi. Ho risposto che avrei aspettato i militari”.

Uno Stato di polizia. Così Minosi ha descritto la situazione venuta a crearsi attorno ai suoi agri dal 2016, anno in cui ha iniziato i trattamenti sulle piante. “Non dimenticherò mai quando un tardo pomeriggio, assieme a un amico che raccoglieva patate, venimmo fermati da tre ‘sceriffi’ che ci chiesero cosa stessimo facendo in quella zona. Sono stato costretto a farmi emettere un lasciapassare dal dottor Scortichini, per avere la possibilità di andare a potare gli alberi”.

A peggiorare ulteriormente la situazione, un episodio surreale. Gianluigi Cesari, perito agrario e direttore scientifico di Nepri SRL, ha telefonato a Donato Minosi chiedendogli cosa stesse succedendo al suo agro, dato che le piante, a quanto si poteva apprendere da alcune foto, stavano visibilmente seccando. Minosi, allarmato, si è poi reso conto che le foto in questione fossero false, o meglio, ritraevano un agro non di sua proprietà. Un clima ostile, secondo Minosi, si era generato persino nelle assemblee con Coldiretti, durante le quali non sono mancati gli scontri verbali fra le parti: “Sono stato chiamato stregone. Non in maniera diretta, ovviamente, ma gente dei vertici ha deriso tutti quelli che come me avevano rifiutato di attenersi alle procedure preferendo trattare naturalmente la malattia”. 

Non solo Minosi. Molti altri agricoltori, seguendo il suo esempio, hanno deciso di procedere con metodi tradizionali di trattamento piuttosto che espiantare gli ulivi o sradicare le piante affette da xylella. Alcuni si sono rivolti proprio a lui. “Io sono fortunato, ho un reddito grazie alla macelleria. Poi sono anche pensionato. Ma che entrate potranno mai avere le persone che vivono di sola campagna?” si chiede Donato. “Hanno distrutto gli allevamenti, hanno distrutto tutto. E ti inviano ugualmente le cartelle esattoriali da pagare”. Terreni che continuano ad essere proprietà dei contadini, ma che dopo l’espianto divengono deserti di pale eoliche.

Nonostante le minacce e le pressioni delle istituzioni, gli agricoltori salentini resistono con tenacia. Anche contravvenendo molto spesso alle normative europee che impongono l’eradicazione delle piante malate, hanno difeso con orgoglio le proprie radici, puntando su trattamenti naturali per salvare ulivi che rappresentano non solo un patrimonio economico, ma anche culturale e paesaggistico. La loro lotta senza esercito è un atto di resistenza civile, un esempio di come si possa opporsi a logiche di distruzione in nome di una visione sostenibile e rispettosa della natura.

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