e Francesco Maria Ventrella
Cresce il numero di bambini e bambine adescati online con un’età inferiore ai 9 anni nel 2022, mentre le persone arrestate per pedopornografia online sono aumentate dell’8% rispetto all’anno precedente. A dircelo sono i dati che emergono dal resoconto delle attività 2022 della polizia postale e delle comunicazioni e dei centri operativi di sicurezza cibernetica, che arrivano in particolar modo del centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (C.N.C.P.O.). Un trend negativo che ci fotografa il fenomeno, diventato sempre più consistente da quando è iniziata la pandemia. La ripresa delle normali attività, con la riduzione dell’isolamento sociale, anche se ha fatto registrare una riduzione della circolazione globale del materiale pedopornografico a livello internazionale, non ha però ridotto la capacità della polizia postale di individuare determinati soggetti per violazioni connesse ad abusi in danno di minori che sono aumentati.
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Grafico realizzato con Livegap Charts
Il fenomeno è importante dato il numero di segnalazioni relative alla pubblicazione di contenuti pedopornografici sui social network, in particolar modo di materiale scabroso. A questi si aggiungono gli accessi abusivi ai profili privati di cittadini ignari o di persone dotate di rilevanza mediatica, politica, ecc.
La pedopornografia online è un reato e consiste nel produrre, divulgare e diffondere immagini o video ritraenti persone minorenni coinvolte in comportamenti espliciti. Bastano poche competenze informatiche di base per pubblicare o per cercare materiale online con facilità, mantenendo anche un certo tipo di anonimato.
I numeri
Nell’ambito delle attività di contrasto del Centro sono stati trattati più di 4500 casi, che hanno portato all’arresto di 1463 soggetti, di cui 149 tratti in arresto per reati connessi agli abusi tecnomediati sui minori. Sono soprattutto i social e i videogiochi online il teatro più frequente degli incontri tra i minori e gli adulti, il luogo privilegiato per l’adescamento online.
Il caso: “Famiglie da abusi”
Tra le operazioni a livello nazionale per contrastare la pedopornografia online ha fatto scalpore quella denominata “Famiglie da abusi”, svolta in modalità sotto copertura sul gruppo Telegram omonimo. Condotta dai centri operativi sicurezza cibernetica di Roma, Bologna, Milano, Napoli e Catania e coordinata dal servizio postale e delle comunicazioni, ha portato all’arresto di cinque persone ritenute responsabili di diffusione e detenzione di materiale di sfruttamento sessuale di minori online. Cinque padri si scambiavano su una chat segreta su Telegram materiali espliciti di abusi con i loro figli o condividevano momenti intimi catturati di nascosto. Il risultato dell’operazione è scaturito a catena dalla prima perquisizione effettuata a casa di un padre dei cinque, arrestato in flagranza di reato a Roma per possesso di materiale pedopornografico. Quell’occasione è stata utile per ricostruire il fatto, arrivando al secondo uomo, arrestato su richiesta della Procura di Bologna. Il terzo componente era un dipendente del Comune di Napoli, denunciato anche lui per possesso di materiale pedopornografico. Stessa dinamica per il quarto papà, questa volta bresciano, arrestato in flagranza di reato. Il quinto arrestato, un cinquantacinquenne siciliano, invece, da quanto è emerso dalle indagini, violentava la propria figlia per poi condividere le registrazioni dei rapporti con gli altri quattro pedofili. Nel suo caso è stata indagata anche la moglie per non essere intervenuta, anche essendo a conoscenza degli abusi.
Sextortion
La sextortion, o estorsione sessuale, è tra i reati online che molto spesso stanno colpendo vittime minorenni, con conseguenze lesive per la psiche. Un fenomeno che di solito colpisce gli adulti, ma che sta mirando sempre più alle piccole fragilità degli esseri umani e lo fa nel giro di pochi click. I ragazzi e le ragazze provano un forte senso di vergogna che li impedisce di chiedere aiuto ai genitori o ai coetanei. Cresce in loro un forte senso di colpevolezza nell’essersi fidati di sconosciuti “avvenenti”. Questa sensazione di sentirsi in trappola viene amplificata dalle difficoltà nel reperire le somme di denaro che l’estorsore li chiede. Stando al resoconto della polizia postale nel corso dell’anno sono stati trattati 130 casi, la maggior parte dei quali nella fascia 14-17 anni e perlopiù di sesso maschile. Il fenomeno, anche in questo caso, è in crescita a causa della presenza maggiore sulle piattaforme social, o in generale in Rete, dei minori. Una parte sempre più grande di questo fenomeno è legato alle organizzazioni criminali che chiedono come riscatto del materiale intimo somme di denaro. Gli estorsori minacciano di inoltrare queste foto o video direttamente ad amici, follower, parenti, andando a minare la credibilità di questi utenti.
Tutta l’Europa ne parla
Anche sul sito dell’Europol (https://www.europol.europa.eu/crime-areas-and-statistics/crime-areas/child-sexual-exploitation/online-sexual-coercion-and-extortion-of-children), l’agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione tra le forze dell’ordine, si parla di sextortion e delle principali motivazioni identificate negli adulti che commettono il crimine. Principalmente un interesse sessuale nei bambini, con l’obiettivo, tramite lo scambio di foto e video, di un incontro offline. L’altra motivazione è ovviamente quella economica. Ma perché le persone, e in particolar modo i minorenni, possono diventare vittime di sextortion? Prima di tutto per una serie di loro vulnerabilità, a livello relazionale ma anche a livello tecnico. Poi ci sono anche l’assenza del controllo genitoriale, la condivisione eccessiva anche di video erotici amatoriali, la notevole quantità di tempo trascorso online al giorno, la tendenza a fare amicizia con gli estranei conosciuti online, l’approccio rilassato nei confronti delle comunicazioni sessualizzate in Rete. A chiudere, inevitabilmente, la mancanza di conoscenze tecniche su come gestire i collegamenti sospetti.
I consigli della polizia postale
La polizia postale (https://www.commissariatodips.it/notizie/articolo/sextortion-cresce-il-numero-dei-minori-vittime-di-sextortion/index.html) offre dei consigli per non rimanere vittima di questo reato informatico. Prima di tutto mai cedere al ricatto pagando le somme richieste, non vergognarsi per aver condiviso con sconosciuti immagini intime, non cancellare mai i messaggi scambiati con gli eversori, ma fare screenshot di tutte le conversazioni. Tra gli ultimi consigli quello di segnalare il fatto al portale web della polizia postale, parlare con i genitori o un adulto di fiducia e infine, se il minore non ha più di 14 anni, sporgere denuncia.
“Free angels”, sextortion in Friuli
Tra le operazioni note su questo crimine informatico quella denominata “Free angels”, del giugno del 2022, portata avanti dalla polizia postale di Trieste. Alla fine delle indagini è stato identificato un coach quarantenne del centro Italia che spingeva, tramite il suo profilo social, ragazze minorenni e fragili all’anoressia. Tutto è partito dalla segnalazione di una quindicenne, ricoverata nel reparto di pediatria di un ospedale friulano per disturbi del comportamento alimentare. Il coach consigliava alle ragazze di non assumere più di 500 calorie al giorno, bere molta acqua per lenire il senso di fame e farsi docce con acqua gelida per stimolare l’organismo a un maggior dispendio energetico. La dichiarazione della giovane ha permesso di identificare l’uomo e di recuperare le conversazioni della loro chat online. La polizia postale ha ricostruito le dinamiche; il coach era arrivato a richiedere alla vittima immagini e video di natura pedopornografica in cambio di denaro o di capi di abbigliamento intimi. L’uomo, su uno dei tanti profili, aveva agganciato otto ragazze per indurle a pratiche pericolose di dimagrimento e anche all’autolesionismo.
Il cyberbullismo
Un altro cybercrime commesso, questa volta, tra gli stessi minori è il cyberbullismo. Nello scorso anno, però, dal resoconto della polizia postale si è registrata una leggera flessione. È stata interpretata come un effetto della normalizzazione delle abitudini dei ragazzi e sicuramente non si può escludere che il ritorno alla vita senza restrizioni abbia avuto un’influenza positiva sulle interazioni sociali di qualità. La polizia postale ha trattato 323 casi di cyberbullismo, un fenomeno che si sta assiepando anche grazie alle numerose campagne di sensibilizzazione svolte nelle scuole, al fine di mantenere alta l’attenzione degli adulti e dei ragazzi sul tema. La maggioranza dei casi trattati ha riguardato i ragazzi e le ragazze tra i 14 e i 17 anni. Un dato che fa riflettere, però, è il leggero aumento dei minori denunciati per cyberbullismo, in totale 128 nel 2022, invece dei 117 dell’anno precedente.
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Grafico realizzato con Livegap Charts
Una vita da social
La polizia postale, infatti, da anni porta nelle scuole italiane il progetto “Una vita da social”, una campagna educativa itinerante sui temi dei social network e del cyberbullismo. L’obiettivo, come si legge, è quello di “fare in modo che il dilagante fenomeno del cyberbullismo e di tutte le varie forme di prevaricazione connesse ad un uso distorto delle tecnologie non faccia più vittime”.
La polizia postale ha ricevuto 15 casi di codice rosso nel 2022 in merito ai reati contro la persona commessi attraverso la rete. Sono 1167 le persone indagate per questo tipo di reati, con 9278 casi trattati. Lo dice sempre il report della polizia postale che include tra questi reati quello di stalking, revenge porn, hate speech, minacce. Un dato in leggera flessione rispetto allo scorso anno, ma che fotografa una realtà sempre presente online. Tra i reati online che riguardano la sfera del sexting (parola di origine inglese formata da sex, sesso e texting, mandare messaggi) ci sono quelli del sextortion e del revenge porn.
Revenge porn
Il revenge porn essenzialmente consiste nell’invio, consegna, pubblicazione e diffusione di materiale sessualmente esplicito destinato a rimanere privato. Una diffusione che avviene solitamente con uno scopo vendicativo, come per esempio quello di punire il partner che ha scelto di interrompere la relazione o ancora per denigrare o bullizzare la persona coinvolta. La sextortion, al contrario, si distingue per l’uso strumentale che chi commette il crimine fa dell’immagine, usata per ottenere qualcosa in cambio con una finalità economica. La fotografia riportata dalla polizia postale nel report racconta di 244 casi trattati, di cui 34 nei confronti di minori e 71 persone denunciate.
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Grafico realizzato con Livegap Charts
Truffe romantiche
Tra i casi trattati nel report anche quello delle truffe romantiche o romance scam. Sono stati 442 i casi trattati dalla polizia postale, di cui 4 nei confronti di minori, e 103 persone denunciate. È uno dei raggiri più dolorosi nel quale una persona può entrare in contatto, in quanto colpisce proprio la sfera dei sentimenti, creando un danno psico-fisico, oltre a quello economico. L’età delle vittime corteggiatori da profili fake sui social si aggira intorno ai 50 anni. Sono le donne quelle più colpite, di estrazione sociale varia. Dopo una relazione sentimentale finita male e con figli ormai fuori di casa, molte donne diventano facile preda di questi falsi corteggiatori chattando davanti al pc o con uno smartphone. Il numero degli uomini invece è meno colpito da questo tipo di truffe, anche se esistono dei casi in cui alcuni si siano lasciati “abbindolare” da profili fake in cui uomini si fingevano donne, soprattutto straniere, modelle provocanti e ricche ereditiere. Da una richiesta di amicizia accettata, nella maggioranza dei casi, si procede verso una intensa conversazione durante il quale i truffatori iniziano a chiedere soldi, con la scusa di pagarsi le spese di viaggio per raggiungere di persona la vittima, comprarsi una casa insieme alla vittima.
I truffatori, rubando le foto sulla Rete, fingono di essere, infatti, dei militari avvenenti in zone di guerra o belli imprenditori in posti lontani con posizioni in ogni caso sempre di primo livello. Il fine ultimo è quello di far sentire la vittima protetta, al sicuro, con la sensazione di essere tornata a vivere grazie a una storia d’amore proiettata nel futuro. Nel 2021 le somme sottratte alle vittime ignare ammontavano a 4 milioni e mezzo. Anche in questo caso le persone coinvolte aspettano molto tempo prima di denunciare, intrise in tutto e per tutto in una storia che credevano vera e che vedono smaterializzarsi. La polizia postale (https://www.commissariatodips.it/consigli/per-i-cittadini-e-i-ragazzi/truffe-romantiche-romance-scam/index.html) suggerisce prima di iniziare una conversazione online con una persona di fare una semplice ricerca del nome e delle immagini del profilo, di diffidare da coloro che inviano messaggi con un italiano sgrammaticato, di non fidarsi di chi chiede insistentemente denaro e infine di denunciare ciò che sta accadendo e non pagare mai nessuna somma di denaro.
Hate speech
Nel rapporto della polizia postale vengono sottolineate le specifiche iniziative rivolte all’attività di prevenzione e contrasto al fenomeno dell’hate speech, l’atto intimidatorio condito dal linguaggio d’odio diffuso sui social. A partire dai servizi di monitoraggio dei vari canali di diffusione, come siti web, piattaforme digitali, profili e pagine presenti sui social network come Facebook, Twitter, Instagram, Telegram, Pinterest e Youtube. Come si legge nel mensile ufficiale della polizia di stato, “Polizia Moderna” (2020), “Quando l’odio diventa reato, caratteristiche e normativa al contrasto degli hate crimes”, ’espansione del Web e l’avvento dei social hanno reso la comunicazione sempre più immediata a livello globale, ma il terreno è fertile anche per i discorso d’odio. L’odio online è permanente nel tempo, infatti il discorso d’odio resta online praticamente per sempre, con un rischio sempre più elevato di effetti dannosi. Inoltre, è proprio l’architettura delle piattaforme web a influenzare molto la dinamica della diffusione. Un contenuto rimosso può apparire in un’altra forma, con nome e titolo cambiati postati altrove. Infine, l’odio online è associato all’idea di anonimato e impunità, tipiche della modalità di interazione sui social network. La natura stessa del Web ha reso indispensabile un approccio su base internazionale.
Nel maggio 2016 è stato sottoscritto dalla commissione europea, insieme a Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube, il “codice di condotta per lottare contro le forme illegali di incitamento all’odio online”. Un impegno per le aziende informatiche per contrastare i contenuti di incitamento all’odio razziale, xenofobo e omofobico. Il servizio polizia postale e delle comunicazioni e la Digos di Roma hanno portato avanti un’attività di indagine che ha portato alla denuncia di 50 utenti e alla custodia cautelare in carcere di quattro promotori della sezione italiana del sito internet (www.stormfront.org), gestito negli Usa da appartenenti all’estrema destra suprematista, definito come il più grande portale di odio al mondo. Nel sito, tra le altre cose, le liste di proscrizione di ebrei italiani, filmati negazionisti dell’Olocausto e di esaltazione del Terzo Reich, documenti su presunti complotti giudaici.