Con la sua identità i documenti e le auto avrebbe favorito la latitanza di Messina Denaro
Una falsa identità che avrebbe consentito al boss Matteo Messina Denaro di accedere alle cure oncologiche, attivare una carta bancomat, acquistare la casa in vicolo San Vito a Campobello di Mazara (ultimo “covo” del latitante) e disporre di alcune auto per gli spostamenti. Per questi motivi, il vero Andrea Bonafede, geometra di 59 anni, è stato arrestato dai carabinieri del Reparto operativo speciale con l’accusa di associazione mafiosa. Non più per quindi solo favoreggiamento. L’uomo è stato individuato a Tre Fontane, località balneare in provincia di Trapani, mentre era a casa di una sorella.
Per gli inquirenti, apponendo la sua foto sul documento d’identità ceduto da Bonafede, il capomafia di Castelvetrano avrebbe avuto accesso all’ospedale di Mazara del Vallo per sottoporsi, nel 2020, a un’operazione chirurgica. Con il bancomat, invece, avrebbe sostenuto le spese per sostenersi durante la latitanza. Grazie al suo prestanome, inoltre, avrebbe avuto a disposizione una casa sicura, dopo aver consegnato a Bonafede i 20mila euro utili all’emissione dell’assegno circolare all’atto del rogito notarile. A disposizione avrebbe anche avuto una Fiat 500 e una Giulietta, intestate all’anziana madre, tra l’altro disabile, del geometra.
Il giudice per le indagini preliminari ha smontato la tesi difensiva di Bonafede, che agli inquirenti avrebbe dichiarato di aver conosciuto Messina Denaro solo di recente e di aver acquistato, per conto del boss, la casa di vicolo San Vito. Tesi smentita dalla data del primo intervento chirurgico a Mazara, nel 2020.
Nel frattempo prosegue la perquisizione nell’ultimo nascondiglio della “primula rossa” di Cosa nostra. Al momento non è ancora stato trovato il “tesoro” dell’ultimo boss stragista. Sono stati rinvenuti abiti femminili, forse di una donna con cui Messina Denaro aveva una relazione e su cui la Procura sta indagando.
Fonte foto: Fanpage