(Foto: Corriere della Sera)
La dottoressa Elisiana Lovero, specializzanda nel 2017 all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, ipotizzò la diagnosi: avrebbe potuto salvare la dodicenne Zaray, ma fu allontanata dal medico
Ipotizzò l’ipertermia maligna e chiese la somministrazione di un farmaco salvavita per la paziente: il medico strutturato, stanco delle interruzioni durante l’intervento, le chiese però di uscire dalla sala operatoria. L’anestesista – all’epoca specializzanda – Elisiana Lovero ha ricostruito la vicenda di Zaray, morta nel 2017 all’età di 12 anni all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari. La piccola fu ricoverata e operata per la riduzione di una frattura al femore ma, arrivata in rianimazione con 43,6 di febbre, morì sotto i ferri.
«Ero una specializzanda alla fine del suo percorso di studi», ha dichiarato la dottoressa Lovero al Corriere della Sera. «Chiesi di trascorrere un periodo di formazione al pediatrico Giovanni XXIII di Bari: quel giorno era la prima volta che lavoravo con l’ortopedia. Zaray doveva subire un intervento per la riduzione di una frattura al femore, mi accorsi che qualcosa non andava e più volte interruppi gli ortopedici per effettuare verifiche e controlli. Ipotizzai l’ipertermia maligna, malattia che richiede un immediato intervento con il dantrolene, ma mi dissero che non c’era, che potevamo ordinarlo. Il medico strutturato, a quel punto, mi chiese gentilmente di uscire», ha proseguito. Con il farmaco salvavita, la dottoressa avrebbe potuto salvare la bambina di origini colombiane: «La mortalità per ipertermia maligna, rispetto a un po’ di anni fa, è a livelli bassissimi. Prima una crisi ipertermica significava morte in una percentuale altissima dei casi. Con l’uso del dantrolene, invece, la mortalità è stata abbattuta a numeri a una sola cifra. Mi domando sempre: se mi avessero detto immediatamente “ecco qui il dantrolene”, quante vite sarebbero cambiate?», ha concluso Elisiana Lovero.
Venerdì scorso, a otto anni dai fatti, si è concluso il processo: l’ex primario, Leonardo Milella, è stato assolto, mentre un altro medico, Vito De Renzo, ha patteggiato 14 mesi di reclusione.