Almasri liberato per un cavillo:
il carnefice libico è già a Tripoli

di Mariarosaria Coppola

Un errore procedurale annulla l’arresto del torturatore libico richiesto dalla Corte penale internazionale. Italia sotto accusa, le opposizioni chiamano Nordio a rispondere in Parlamento.

La scarcerazione di Njeem Osama Elmasry Habish, noto come ‘Almasri’, arrestato a Torino domenica su mandato della Corte penale internazionale (CPI), ha scatenato un’ondata di polemiche e indignazione. Il generale libico, accusato di crimini di guerra e conosciuto come uno dei principali torturatori del regime, è stato liberato per un vizio di forma: la mancata interlocuzione preliminare con il Ministero della Giustizia ha reso “irrituale” l’arresto. L’ordinanza della Corte d’Appello di Roma, che ha disposto il rilascio, spiega: «Il procuratore generale chiede che codesta Corte dichiari l’irritualità dell’arresto in quanto non preceduto dalle interlocuzioni con il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte penale internazionale». Questo passaggio, fondamentale per convalidare il mandato, è stato saltato. Nonostante la tempestiva comunicazione al ministro il 20 gennaio da parte della Questura di Torino, non è arrivata alcuna risposta ufficiale. La decisione della Corte ha quindi lasciato spazio all’intervento del Ministero dell’Interno, che ha firmato un ordine di espulsione per Almasri, ora già rientrato a Tripoli. Fonti del Ministero della Giustizia, contattate in tarda serata, hanno confermato che la scarcerazione è stata determinata da errori tecnici e procedure non seguite correttamente. Le opposizioni non hanno tardato a reagire. «Chiediamo che il ministro Nordio riferisca immediatamente in Parlamento», ha dichiarato un portavoce, sottolineando la gravità della vicenda. L’Italia si trova ora sotto accusa, con i riflettori internazionali puntati sulla gestione del caso e il rischio di compromettere la credibilità del Paese nella lotta ai crimini contro l’umanità.

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