Dopo appena tre mesi, il governo francese di Michel Barnier è già sul filo del rasoio. È concreta la minaccia della “motion de censure” ossia la sfiducia che il Nuovo fronte popolare (socialisti, comunisti ed ecologisti) assieme al Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen sono pronti a votare.
Per il premier francese è stata decisiva l’adozione del progetto di legge di Bilancio 2025. In un contesto di forte emergenza finanziaria e debito pubblico fuori controllo, Barnier negoziava da settimane con il Rn su alcuni punti della “Sécurité sociale”. Marine Le Pen e Jordan Bardella insistevano sulla modifica di alcune misure “estreme” per i francesi, prima fra tutte la rinuncia dei rimborsi su alcuni medicinali seguita dal rincaro dell’energia elettrica, del posticipo dell’indicizzazione delle pensioni e la riduzione del numero dei dipendenti pubblici.
Anche secondo la sinistra tale politica di risanamento è “punitiva” specialmente per la classe media e le classi popolari. Il testo è stato adottato ieri in Assemblea senza nessun tipo di modifica (se non quella sui farmaci da banco) ricorrendo all’articolo 49.3 della Costituzione che consente di aggirare il voto dei deputati.
Ora tutto è in bilico. Il leader di Lfi, Jean-Luc Mélenchon, ha additato come unico responsabile di questa crisi Emmanuel Macron che dalla sera del 9 giugno ha scompigliato la vita dei francesi. Mélenchon, scrivendo su X, lo ha invitato “ad andarsene e ridare la parola ai francesi”.
La mozione di sfiducia verrà votata domani e, considerando che i voti del Rn e della sinistra superano il quorum dei 289, il governo francese ha le ore contate.